La ritrattistica
di Paolo Monti è caratterizzata da molti elementi di novità rispetto alla
tradizione fotografica in auge sino al secondo dopoguerra; questa si
rifaceva agli schemi classici della pittura con la figura centrale in
grande evidenza verso cui ogni altro elemento convergeva o dipendeva.
Innanzitutto, Monti pone il soggetto in condizioni di ruolo paritario e in
stretta simbiosi con gli altri elementi della composizione: un sottile
intreccio di simbolismi e di astrazioni grafiche, di rimandi
spazio/temporali del tutto nuovi che accolgono spesso gli echi delle
correnti più avanzate dell’arte contemporanea.
Nel soggetto manca sovente
la consapevolezza del proprio ruolo, l’intenzione di dover comunicare gli
aspetti positivi della sua presenza sostituiti da un’indifferenza o meglio
da una impenetrabilità emotiva che Monti pretende poiché ciò favorisce la
lettura complessiva senza sbilanciamenti sentimentali.
E’ il caso degli
innumerevoli ritratti di Meme, la nipote prediletta, seguita nella sua
evoluzione adolescenziale sino alle soglie della maturità; inizialmente
Monti trascura completamente gli aspetti narrativi a favore di una
raffinato gioco compositivo utilizzando altri elementi spesso ricorrenti
nelle sue fotografie – foglie, travi, legni - giungendo infine a definire la
modella quale espressione emblematica di una vita contemporanea piena di
incertezze e di dubbi, molto distante dalla concezione amatoriale, ma al
tempo stesso circondandola di un’aura di mistero e di irraggiungibile
bellezza.
Emblematico è lo splendido “ Ritratto in ombra” anche titolato “Muriel” ma anche in “Haydée” e in “Il maestro Bogo” si ritrovano i
medesimi parametri come pure nei numerosissimi ritratti di artisti con cui
Monti entrò in contatto nei quali è del tutto assente l’aspetto
celebrativo e iconografico di tanta fotografia del genere.
Anche nel
ritratto,dunque, si ritrovano gli elementi peculiari del linguaggio Montiano che altri della Gondola successivamente faranno propri pur
nell’autonomia del loro pensiero espressivo.
Paolo Monti’s portraits
bring strongly innovative elements into the photographic tradition which
continued through the post-war years.
Classical schemes,
derived from painting, were still followed: a central figure to the
forefront and each other element converging or dependent on it.
Monti gives his subject
an equal and symbiotic role with the other elements of the composition, in
a subtle weaving of symbols and abstractions and space/time connections
entirely new and containing echoes of the most advanced trends of
contemporary art.
Often the subject is not
aware of her/his role: the intention of communicating a positive presence
is replaced by a sort of indifference, an emotional inscrutability wanted
by Monti to favour an overall viewing devoid of sentimentalism.
This is the case of the
numberless portraits of Meme, Monti’s darling niece, followed through
adolescence unto the threshold of maturity.
At first Monti neglects
every narrative aspect in favour of sophisticated compositions containing
leaves, beams, wood and other recurrent elements of his photography –
arriving eventually to the definition of his model as an emblem of
contemporary life, full of uncertainties and doubts, far from any
amateurish vision but surrounded by an aura of mystery and unreachable
beauty.
See the wonderful
portrait “Ritratto in ombra”, also titled “Muriel”; but also “Haydée” and
“Il maestro Bogo” and the great number of portraits of artists, where
there is no trace of the celebrative aspects so common in this genre.
Portraits, too, reveal
those peculiar elements of Monti’s photographic language that will be
adopted by other Gondola photographers, though according to their
different and individual expressions. |