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Mostra promossa
dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico, artistico
ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Venezia e
dei comuni della Gronda lagunare e da Archivio Storico del Circolo
Fotografico La Gondola
Dal 13 luglio a Venezia, Palazzo Grimani
ospita la mostra Echi neorealisti nella fotografia italiana del
dopoguerra, una selezione di 63 immagini tratte dall'Archivio
Storico del Circolo Fotografico La Gondola.
Promotrice della
mostra è la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico,
artistico ed etnoantropologico di Venezia che nel 2010 ha dichiarato
di eccezionale interesse storico e artistico le 5316 fotografie
conservate presso l'Archivio Storico del Circolo Fotografico La
Gondola.
Un riconoscimento al Circolo veneziano per aver saputo
impedire la dispersione di un importante patrimonio, costituito da
immagini che garantiscono una testimonianza acuta e indagatrice su
di un'epoca.
La mostra offre un quadro efficace del
periodo compreso tra i primi anni '50, quando nel cinema la parabola
neorealista già virava in affresco di costume, fino a oltre gli anni
'60, nel corso del quale la fotografia italiana abbandonava le
ricerche di carattere puramente formale per indagare la realtà del
Paese, rinnovando ampiamente le proprie possibilità espressive.
All'interno della mostra si possono
seguire due distinti percorsi. Il primo riguarda l'operatività del
Circolo La Gondola che fu anomala rispetto al filone principale del
movimento poiché si rivolse principalmente alla città lagunare, di
cui trascurò la parte monumentale, per aggirarsi in quella minore,
facendo affiorare l'inedito tessuto architettonico nonché l'ovattato
fluire della vita quotidiana che nemmeno la guerra sembrava aver
scalfito.
Era un'osservazione sommessa, talvolta lirica, rivestita
di forme nuove che Alfredo Camisa, fine osservatore della fotografia
dell'epoca, definì “lirico/realista”, termine che ben inquadrava le
aspirazioni del sodalizio veneziano e il suo muoversi in un terreno
a lui congeniale.
L'altro fil-rouge della mostra riguarda
invece alcuni autori tra i più importanti del decennio 1950-1960.
E'
una carrellata attraverso l'Italia, con i primi accenni del boom
economico che stava trasformando la realtà sociale del Paese; la
fotografia finalmente si poneva quale testimone dello sgretolamento
di quel mondo - soprattutto contadino e piccolo/borghese - incalzato
da un progressivo benessere che tuttavia non si distribuiva in forma
omogenea, lasciando ampie sacche di disuguaglianza.
Branzi,
Migliori, Giacomelli e tutti gli altri si mossero individualmente
dando ciascuno la propria versione dei fatti; la mostra li presenta
assieme, con l'intenzione di dare una visione complessiva, a più di
cinquant'anni di distanza, non tanto degli accadimenti quanto della
condizione di una significativa parte del Paese.
Espongono:
Enrico “Gigi” Bacci, Vincenzo Balocchi,
Angelo Begelle, Gianni Berengo Gardin, Carlo Bevilacqua, Gian
Lorenzo Bigaglia, Gino Bolognini, Giuseppe Bolla, Piergiorgio
Branzi, Bruno Bruni, Giuseppe Bruno, Alfredo Camisa, Mario Cattaneo,
Carlo Cisventi, Rinaldo Cortese, Carlo Cosulich, Bruno Cot, Sergio
Del Pero, Toni Del Tin, Ernesto Fantozzi, Stanislao Farri, Ferruccio
Ferroni, Mario Finocchiaro, Riccardo Gasparotto, Giovanni Ghiglione,
Giorgio Giacobbi, Mario Giacomelli, Carlo Mantovani, Laura
Martinelli Stroili, Pepi Merisio, Nino Migliori, Paolo Monti, Giulio
Parmiani, Vittorio Piergiovanni, Ezio Quiresi, Luciano Regini,
Stefano Robino, Fulvio Roiter, Bruno Rosso, Luciano Scattola, Carlo
Trois, Giuseppe Zanfron, Italo Zannier.
Note
storiche: Il neorealismo
nel cinema si manifestò immediatamente dopo la cessazione delle
ostilità presentando il suo primo capolavoro, “Roma città aperta” di
Roberto Rossellini, già nel 1945 cui seguirono nel settennio
1946/1953 altre fondamentali opere a tutti note.
La fotografia del dopoguerra, viceversa,
si estenuò nella ricerca di uno specifico disciplinare che
l'affrancasse dalla pittura e dall'indifferenza della cultura
ufficiale; di conseguenza, perse l'opportunità di documentare i
passaggi salienti di quei momenti straordinari per quanto questo
fosse ampiamente nelle sue possibilità.
Il Manifesto pubblicato nel 1947 dal
gruppo La Bussola fondato da Giuseppe Cavalli, affermava che la
fotografia possedeva qualità tali da renderla autonoma da qualsiasi
altra disciplina figurativa, ammonendola tuttavia di tenersi lontana
«dal binario morto della cronaca» poiché «il documento non è arte».
Alla
fotografia de La Bussola – una fotografia astratta, metafisica,
caratterizzata dal un tono “alto” e da una grande purezza formale di
ispirazione crociana – guardava tutta quella generazione di
fotografi di estrazione medio borghese che si era formata
nell'anteguerra, nel contempo cominciavano a farsi largo i reportage
dei fotografi della F.S.A e di LIFE, gli esponenti della scuola
umanista francese, mentre in Germania Otto Steinert dettava la via
per una fotografia soggettiva.
I fotografi italiani del dopoguerra si
accorsero, sia pure con ritardo, che esisteva un Paese ancora da
scoprire, specie nel Sud dove la fine del conflitto aveva portato in
superficie la gravità di una condizione sociale per certi versi
inimmaginabile. Molti di loro si avviarono dunque in questi
“pellegrinaggi” a Scanno, nei bassi di Napoli, nelle solfatare di
Sicilia, nei desolati paesaggi della Lucania, con spirito comunque
diverso da quello che aveva mosso il neorealismo cinematografico.
Tuttavia, ancorché debole sul piano
ideologico, questo virare dagli empirei del formalismo diede forza
alla fotografia italiana e ne rinnovò ampiamente le possibilità
espressive.
Manfredo Manfroi
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Ufficio stampa: Anna Zemella tel.
0415208493 – 335 5426548 | annazemella@annazeta.it
Sede: Museo di Palazzo Grimani Castello
4858, Venezia | Date: dal 13 luglio al 30 settembre 2012
Orari Lunedì: 8.15 - 14.00 (ultimo
ingresso ore 13.15) | Martedì > Domenica: 8.15 - 19.15 (ultimo
ingresso ore 18.30)
Info e prenotazioni tel. (39) 041 5200345
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