L'umanità di Giorgio Lotti
di Etta
Lisa Basaldella
(dalla
rivista 7 Giorni Veneto n.7 del 17/2/1977)
"Non potevo
più andare a scuola perché avevo degli esaurimenti paurosi ed il
medico mi aveva consigliato di cercarmi un'attività all'aria aperta.
Un
giornalista, direttore di un quotidiano, che conosceva mia madre, le
disse: mi mandi suo figlio in Piazza Cavour, dove lavoro c'è un
agenzia fotografica con gente in gamba, se ha buona volontà, può
imparare.
Era il 29
settembre del '54, un lunedì mattina alle 8.30 ho cominciato
smaltando 1.800 cartoline”.
Giorgio Lotti
mi racconta dei suoi inizi, la voce bassa, un po' incrinata, non è
facile portare le persone a rituffarsi improvvisamente nel passato,
ma Giorgio, che oggi è uno dei fotografi italiani più conosciuti nel
mondo, rievoca i difficili momenti degli esordi, i primi successi.
"Sono stato fortunato ad entrare subito in un'agenzia giornalistica
a far dell'attualità, prosegue, a stretto contratto con la realtà
quotidiana con problematiche che spaziavano dalla cronaca nera alla
cronaca rosa, alla manifestazione sportiva, al ritratto del
politico, mi sono formato sia come uomo che come fotografo.
Consiglierei a
tutti di fare almeno sei mesi di esperienza in un quotidiano, è come
fare l'università di fotografia”.
Dopo il
militare Lotti ha deciso di aprire uno studio in proprio, i problemi
erano molti e con i problemi sono arrivate le difficoltà economiche,
a salvarlo è arrivato per caso un servizio per Epoca, allora uno dei
settimanali più diffusi.
“Un giorno mi
manda a chiamare Nando Sampietro, continua a raccontare, e mi affida
un servizio su di un medico di Alessandria, che era stato colpito
dai raggi x e cominciava a perdere braccia e gambe, e mi dice che se
le foto gli vanno bene mi fa lavorare, altrimenti il discorso è
chiuso.
Sampietro
veniva da un giornale femminile, "Grazia", dove pubblicavano delle
fotografie che non amavo, col flash, tutto ben illuminato, tutto
doveva sembrare bello, le persone senza una ruga.
Vado in questa
casa, una casa dolcissima, molto bella non per grandezza, per
ricchezza, ma perché era una casa vissuta.
Aveva dei
fiori, lui era un uomo molto strano, che amava la vita, lo vedevi
dagli oggetti, nelle piccole cose.
C'era una luce
che entrava dalle finestre con dei chiaroscuri ed ho pensato tra me
che non potevo modificare un ambiente creando delle luci che
falsavano come viveva quell'uomo.
Allora ho
fotografato come vedevo quella realtà e devo dire che oggi sono a
Epoca, evidentemente ho colpito giusto”.
"Dopo molti
anni di viaggi, incontri, esperienze, non c'è stanchezza in te, anzi
hai ancora un grande entusiasmo per il tuo lavoro”.
"Vedi, nella
fotografia cerco un'informazione onesta, un'immagine di verità,
direi la stessa verità che cerco in me stesso"
"E nell'uomo
cosa cerchi?".
"La vita, la
morte. Come vive, che cosa ha da dirmi. Ho incontrato della gente,
degli scrittori che mi hanno interessato proprio per il loro modo di
vedere la realtà, la poesia, come usano certe parole, con quale
suono, come ti presentano le cose, la loro umanità. L'ideale sarebbe
di stare con due persone mentre parlano tra di loro, tu hai così la
possibilità di studiarle con calma e serenità. Vorrei aggiungere che
mi costa sempre più fatica lavorare in velocità, perché mi sono reso
conto che, se devo trasmettere attraverso delle immagini, la vita di
un uomo, di una donna, non posso stare con loro una sola giornata e
pretendere di aver capito tutto, non è possibile".
"Lavorare per
un settimanale significa fare di tutto un po', con quale stato
d'animo vai a documentare una tragedia?"
"Arrivo là e
vedo, guardo. Ecco ho la netta sensazione che la gente non guardi
abbastanza. Ho visto, per esempio, a Mattmark dove erano cadute
delle valanghe che avevano travolto e ucciso molte persone, eravamo
su un camion che ci portava sul posto della disgrazia e due
fotografi sono zompati a terra e tutututu scattare senza aver dato
un'occhiata intorno. Un momento. Bisogna un pochino rendersi conto,
insomma.
Non sempre
scattare immediatamente serve, non so, mi riesci a capire? Tututu
premere il pulsante perché hai paura di perdere qualche cosa.
Bisogna
guardarsi attorno, rendersi conto di quello che è successo, chi è la
gente che c'è lì, non pensare solo in modo fotografico. Preferisco
perdere lo scoop, perdere l'immagine di grande effetto, a questo
punto. Non dimentichiamoci che tu devi testimoniare spiegando un
determinato fatto e se non l'hai incamerato dentro, di te che cosa
vuoi spiegare agli altri?" " Sono in molti ad affermare
che la fotografia non ha più niente da dire". "No, non è vero nel
modo più assoluto. Prendi ad esempio quanti fotografi sono entrati
alla Scala da quando esiste la macchina fotografica. Migliaia e
migliaia, eppure ti posso far vedere un'immagine che non ha mai
fatto nessuno. Questo teatro ha un'architettura ben precisa, ho
piazzato l'obiettivo a occhio di pesce sul lampadario e ho
dimostrato esattamente come è fatta la Scala. Di gente che ha fatto
fotografie a Venezia ce n'è a milioni eppure ogni tanto qualcuno
realizza un'immagine diversa e ti vien da dire - ma guarda questo
che idea ha avuto! . "Anche tu sei venuto molte volte a Venezia, hai
pubblicato addirittura il libro ”Attenzione: caduta angeli”, sullo
stato di degrado della Chiesa della Salute, a testimonianza del tuo
amore per questa città".
"Incredibile,
un milanese che ama Venezia. E' una città che non conosce le mezze
emozioni: la ami e allo stesso tempo la odi.
Ti scatena
dentro la gioia e subito dopo una profonda tristezza.
Se, con le mie
immagini sullo stato di degrado e di inquinamento, ho lanciato un
grido d'allarme è perché le voglio molto bene. Credo di aver
realizzato le mie cose migliori a Venezia".
"Ti dici
pessimista, nel leggere le tue immagini, però, qualsiasi sia
l'argomento trattato, dal mare al Duomo di Milano, dalla tragedia
del Friuli alla Cina, c'è poesia, anche nella denuncia, anche
nei momenti più drammatici, c'è speranza".
"E' il modo di
vedere che distingue una persona da un'altra. Io fotografo per me
stesso, se poi riesco a comunicare quello che è il mio modo di
vedere, allora ho raggiunto l'optimum ".
Il sole è
tramontato sui tetti di una Milano che ci ha stranamente regalato un
giorno di sereno. Il buio è calato senza che ce ne fossimo accorti.
Non riesco più a vedere Giorgio. Mi arriva soltanto il suono della
sua voce, che continua a rievocare episodi di una vita intensamente
vissuta.
Per un intero
pomeriggio siamo stati noi a cercare di carpirgli la sua umanità.
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